LA SARTORIA DEI SOGNI
Viaggio nella storia dei primi 60 anni di Tirelli costumi
di Laura Salvinelli
“Le provammo i costumi. Io appuntavo gli spilli, stringevo, accorciavo. Pietro Tosi, il costumista, era tremante. C’era un grande silenzio. Maria Callas si guardò allo specchio e disse: “Adesso, sono Medea”. Tosi quasi non ci credeva. Mentre in sartoria lavoravamo ai costumi, mi aveva ossessivamente ripetuto: “Figurati Maria, quando arriverà e le infileremo questi stracci. Lei penserà di fare Medea avvolta nei rasi e noi le diamo cenci di nonna!” Erano, davvero e volutamente, stracci. L’idea era stata di Tosi, a cui Pasolini aveva affidato i costumi di Medea”. Così inizia Vestire i sogni di Umberto Tirelli e Guido Vergani (Feltrinelli, 1981), raccontando uno dei momenti memorabili della storia di Tirelli costumi. Siamo nell’atelier in Prati a Roma, e ci facciamo raccontare le tappe più importanti dei primi 60 anni della sartoria che ha fatto vincere 17 Oscar dal suo Presidente Dino Trappetti. Nel suo studio, che è stato di Umberto Tirelli e ha mantenuto intatto e ugualmente attivo, il Signor Dino ci riporta in un’epoca “con un gran fervore di cervelli, curiosità e creatività, un’esplosione di circostanze”. Il racconto comincia intrecciando la storia dello spettacolo a quella di grandi amicizie e della Dolce vita. “Chi è quel brunetto che si agita tanto? Ditegli di stare calmo”: Umberto a 27 anni riesce a mettere piede sul palcoscenico della Scala di Milano per La Traviata con la Callas come assistente dell’assistente dell’assistente del costumista e a farsi notare da Visconti. Tirellino, come lo chiamerà sempre Luchino, “una specie di fuoco d’artificio” per Tosi, non si calmerà mai. Il regista lo porta a Roma, e lo fa entrare nella comune di Via dei Due Macelli dove abitano Franco Zeffirelli, Mauro Bolognini, Danilo Donati e Piero Tosi, e nella sartoria Safas”. Con i costumi realizzati da Tirelli, Donati vincerà l’Oscar nel 1977 per Il Casanova di Fellini, Tosi l’Oscar alla carriera nel 2013. Nella sartoria Safas nel 1960 avverrà l’incontro fatale tra Tirelli e Trappetti che al tempo era attore e diventerà amico del gruppo di Via dei Due Macelli. “Il gattopardo: tutto inizia da lì”, continua Trappetti. “Comincio a sentir parlare del film e leggo il libro. Quando mi invitano a cena, a Visconti un ragazzo di 20 anni che sa tutto sul Gattopardo fa impressione, e mi propone: “Dammi del lei ma chiamami Luchino”. Gli chiedo: “Chi farà il Principe di Salina?” e lui: “Non si sa ancora, mi piacerebbe tanto un certo attore ma mi daranno un cowboy”. Quel cowboy sarà Burt Lancaster. Già in Senso per la parte di Franz il registaavrebbe voluto Marlon Brando, ma non lo aveva ottenuto perché non “aveva noleggio”, non era ancora abbastanza famoso in Italia. Ho delle fotografie dei sopralluoghi di Visconti e Brando nel Nord dove si svolgono le battaglie”. Dunque, Tirelli alla Safas realizza i costumi del Gattopardo e siccome fa un lavoro incredibile, decide di mettersi in proprio. Aiutato anche dall’investimento di due milioni e mezzo dell’amico Dino, con due macchine da cucire, cinque sarte, una modista, una segretaria e un autista/magazziniere a novembre del 1964 apre la sua sartoria. Diventa “il sarto di origini e radici contadine che veste non gli uomini ma i loro sogni, realizzatore di costumi e archeologo della moda” come si definiva lui stesso. La sua impresa non fa che crescere, e ora ha 45 fra dipendenti e collaboratori esterni e una collezione di più di 350.000 costumi prodotti artigianalmente e circa 15.000 abiti d’epoca originali. Nel frattempo Trappetti scende dal palcoscenico ma non lavora ancora nella sartoria di cui è socio, e si fa strada nelle pubbliche relazioni a partire dal Festival dei Due Mondi di Spoleto. Lavora per anni per Romolo Valli, Liliana Cavani, il Festival di Pesaro, il Rossini Opera Festival. Conosce i grandi ballerini, attori, registi, pittori. Fino a che, purtroppo, Tirelli muore prematuramente a fine 1990 lasciandogli la responsabilità della sartoria, e a quel punto ne prende il timone. Inizia così la seconda parte della storia di Tirelli costumi.
“Umberto diceva: “Io non vado in America, se l’America mi vuole mi viene a cercare”. Ed era successo così con Miloš Forman per Amadeus, Oscar per i migliori costumi nel 1985. Io invece, andando a ritirare l’Oscar insieme a Gabriella Pescucci nel 1994 per L’età dell’innocenza di Martin Scorsese, smuovo un po’ le acque e sostengo la nostra rinascita a livello internazionale. Prendendo la statuetta per Il paziente inglese di Anthony Minghella nel 1997, Ann Roth dice: “Lavoro nel cinema da tanti anni, ho vestito tutte le star americane da Elizabeth Taylor a Sigourney Weaver a Meryl Streep, ma sono dovuta andare in Italia per vincere un Oscar. Thank you, Tirelli”. Mentre il cinema italiano, che “il neorealismo aveva fatto esplodere nel mondo e i maestri come De Sica, Fellini, Visconti avevano portato alle stelle”, negli anni ’80 inizia a declinare fino alla crisi attuale, Tirelli costumi continua a lavorare per le grandi produzioni americane e del mondo e a far vincere Oscar. Anche se la crisi non tocca la sartoria, Trappetti lancia l’allarme contro quella che Nanni Moretti all’ultimo Festival di Venezia ha definito “la pessima legge sul cinema”: “Con la riforma del tax credit le piccole produzioni non girano più, e le grandi vanno a girare altrove. Ci sono migliaia e migliaia di persone senza lavoro, gli studi di Cinecittà sono vuoti. Le grandi storie italiane le raccontano gli altri, come le due serie sui Borgia fatte una dagli inglesi e l’altra dai tedeschi. L’Italia non si racconta perché non ha i mezzi per raccontarsi. Se il governo non si sveglia, non si produrranno più film da noi”.
Giuseppe Tornatore nel documentario Sartoria Tirelli – Vestire il cinema di Gianfranco Giagni dice: “Andare da Tirelli è come per un ragazzino che deve fare la Prima comunione entrare in Chiesa col vestito e il giglio bianco in mano. Qualunque cosa tu tocchi, tocchi una stagione importante del cinema. Quasi hai paura a sederti perché sai che in quella sedia ci si è seduto chissà chi e hai paura di rovinarla”. Nell’atelier in cui siamo, un giorno, nell’orario di chiusura, si è presentato un uomo con la barba, in bermuda e sandali francescani che cercava Trappetti. Quando gli è stato chiesto: “Scusi, lei chi è?” ha risposto: “Martin Scorsese”. Il regista aveva detto a Tirelli che se mai avesse fatto un film in costume avrebbe lavorato con la sua sartoria. E ha mantenuto la promessa: anche se L’età dell’innocenza è stato girato tutto a New York, i costumi di Gabriella Pescucci sono stati realizzati qui. Qui è venuta Sophia Loren dopo quasi cinquant’anni da un errore indiretto di Tirelli durante la lavorazione di Lady L di Peter Ustinov. Per uno sbaglio di data del costumista, Marcel Escoffier, un abito tutto fatto di perle e strass era stato consegnato rocambolescamente, con la tagliatrice che cuciva in aereo e in macchina, perché le riprese si svolgevano in Scozia, con due ore di ritardo. Da allora la diva non aveva voluto più sentir parlare della sartoria. Racconta appagato Trappetti: “Mi è venuta incontro dandomi la mano e dicendomi: “Vede, finalmente siamo qui. Io sono stata troppo severa ma allora avevo tanta paura, ero ancora giovane e se tutto non era perfetto mi sentivo insicura. Mi dispiace, però siamo qui, e non è detto che sia l'ultima volta”. Si prova un tailleur grigio ed esclama: “Ero sicurissima, è perfetto, sembra uno Schuberth”. Emilio Schuberth era il sarto della Dolce vita, specializzato in tailleur. “Però, Sophia, anche lei ha una schiena perfetta e quindi il tailleur appoggia bene sui suoi fianchi” le rispondo e lei: “Eh sì, ‘na fatica… Chiamate a Dodò per favore, me so’ stufata de sta’ in piedi!” In questa sartoria è stata vista Inghilterra-Italia con Jude Law in mutandoni ‘800 perché la prova costumi di Ritorno a Cold Mountain di Minghella coincideva con la partita. Il costumista Carlo Poggioli, tifosissimo, smaniava talmente tanto che a un certo punto la prova è stata interrotta e, recuperata una televisione portatile, Jude e il suo assistente si sono messi a sinistra a tifare per l’Inghilterra e tutti gli altri a destra a tifare per l’Italia. Andare da Tirelli è fare un viaggio nella storia del cinema, del teatro e della lirica e noi l’abbiamo fatto accompagnati da uno dei suoi testimoni e protagonisti. A Dino Trappetti, provando uno smoking sul set de Il talento di Mr. Ripley di Minghella, Matt Damon ha espresso di non aver bisogno di uno specchio perché si fidava di lui completamente: “You are my mirror!”. A lui Tosi, quando ha saputo che gli sarebbe stato assegnato l'Oscar alla carriera nel 2013 ha detto: “Questo tocca a te. Sai che non prendo l’aereo, ma soprattutto che tutto quello che ho fatto l'ho fatto qui, quindi questo Oscar è condiviso con Tirelli, e visto che non c'è più Umberto, devi andare tu a ritirarlo”. Trappetti ha accettato a patto di farlo insieme a una delle attrici che avevano vestito di più, e Tosi ha scelto Claudia Cardinale, con cui avevano realizzato i costumi di nove film. “Nove film di cui Claudia, a parte Il gattopardo, non ricordava più niente e mi chiedeva quali fossero” conclude affettuosamente. Oltre all’eccellenza, oltre alla perfezione dell’artigianato, l’empatia è l’altro elemento fondamentale della sartoria. Dall’empatia con i costumisti, i registi, gli attori, a quella con i dipendenti e collaboratori, a quella con cui ci hanno accolto, unica e inaspettata. Per cui ha ragione Tornatore a dire che qui si ha paura di rovinare la sedia dove chissà chi ci si è seduto, però il timore svanisce grazie all’accoglienza.
Qui sono venute le sceneggiatrici e le attrici del nuovo film di Ferzan Özpetek Diamanti per capire come raccontare e interpretare il lavoro dentro una sartoria. La storia del film è ispirata da esperienze fatte quando, all’inizio della sua carriera, Özpetek da aiuto regista visitava varie sartorie e incontrava i costumisti. Ambientato nel presente e negli anni ‘70, sceneggiato da Carlotta Corradi, Elisa Casseri e dallo stesso Özpetek, attraverso fatti di vita e vicende amorose di un gruppo di donne che ruota attorno a una grande sartoria di cinema diretta da due sorelle tanto diverse quanto legate, il film racconta il cinema da un altro punto di vista: quello del costume. Nel cast corale Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Sara Bosi, Loredana Cannata, Geppi Cucciari, Anna Ferzetti, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Milena Mancini, Paola Minaccioni, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Vanessa Scalera, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier, Giselda Volodi, Milena Vukotic, Stefano Accorsi, Luca Barbarossa, Vinicio Marchioni, Valerio Morigi, Edoardo Purgatori, Carmine Recano. Prodotto da Greenboo Production, Vision Distribution e Faros Film in collaborazione con Sky, Diamanti uscirànelle sale dal 19 dicembre con Vision Distribution. I costumi sono di Stefano Ciammitti, allievo di Piero Tosi. La storia della “bottega” Tirelli continua.